I Balcani E IL Nord Europa

Finora ho trattato gli argomenti relativi all’Europa Occidentale per il semplice fatto che abbiamo a disposizione le opere letterarie degli autori antichi, i quali oltre a parlarci delle loro civiltà di appartenenza, ci hanno tramandato anche gli usi e costumi dei popoli nordici, mentre gli unici riferimenti ai popoli che nelle epoche primitive hanno abitato l’Europa Nord Orientale, li possiamo trarre dalla genetica e dall’archeologia.

Il primo dato genetico ci indica che dopo le bande di cacciatori africani del paleolitico i primi colonizzatori dei Balcani sono state genti nomadi, il cui cromosoma patrilineare era “H” che oggi contraddistingue gli zingari, dal quale sono seguite delle mutazioni genetiche, che hanno generato il “I1” formatosi già 27.000 anni fa, e non a caso lo ritroviamo nella sua forma primitiva in “Scandinavia,  seguito dal ceppo genetico “I2”, che caratterizza gli slavi. La diffusione di questi tre cromosomi, in pratica ricalca le orme della migrazione dell’uomo dopo la fine dell’ultima era glaciale.

E appunto il gruppo “I”, dopo aver attraversato il Caucaso ha gradualmente risalito le rive del Danubio, del Volga, del Don e del Bug, fino a raggiungere la Scandinavia e l’Inghilterra. mentre Il gruppo: “I2” si sarebbbe formato durante la separazione, temporale tra il passaggio dei primi gruppi e la massa successiva, e accentuata dalla sedentarietà di molti.

Un esempio sulla separazione temporale trai due ceppi, lo possiamo avere dai misteriosi Pitti citati nella mitologia Britannica e latina, si tratta degli abitanti primitivi delle isole britanniche, così chiamati perché si ricoprivano di tatuaggi.

Su di loro si conosce solo la società che hanno sviluppato dopo l’incontro con gli iberi, mentre del loro mondo primitivo è rimasto solo il ricordo di gente primitiva e bellicosa, dedita alla caccia, particolarmente adattata al clima freddo e insofferente al caldo, che durante il giorno si rintanava in grotte o rifugi scavati nella terra, si trattava di usanze che risalivano chiaramente al paleolitico, mantenute per migliaia di anni a causa dell’isolamento dal resto dell’umanità

Ritrovamenti archeologici ci hanno rivelato che per un certo periodo del secondo millennio a.C.,700/800 anni, lungo le rive del Baltico le popolazioni scandinave coltivavano l’ulivo e la vite, segno di un clima mediterraneo, forse dovuto al fatto che il Baltico è collegato al mare del nord da canali la cui profondità minima si aggira attorno ai  10 metri, una condizione che forse a quei tempi impediva l’afflusso di acqua fredda nel golfo, favorendo di conseguenza il riscaldamento del mare per effetto dei raggi solari, e  quindi la formazione di un clima temperato che permetteva lo sviluppo dell’agricoltura, una condizione che forse è venuta a mancare a causa di un ulteriore aumento del livello del mare, che ha favorito il ritorno delle correnti atlantiche più  fredde.

Da ciò possiamo ipotizzare che in origine anche il Baltico era un lago.

La mutazione climatica sarebbe la causa della migrazione a ritroso dei Goti e degli altri popoli che abitavano la Svezia.

La mutazione genetica che ha dato vita all’aplogruppo “I2”, ha preceduto o è stata coeva con l’espansione della cultura della ceramica lineare 5500-4500 a.C., della quale troviamo tracce a Nitra, in Slovacchia, Bylany Boemia, Langweiler Germania, Brunn am Gebirge Austria, in particolare spicca il comune di “Elsloo”, in Olanda, situato lungo la Mosa.

Un particlare esempio dell’incontro di due generi diversi di cromagnoidi, dal quale potrebbe essersi originato l’aplogruppo “I2” potrebbe essere l’uomo di “Oberkassel”, una località della Germania, dove in una sepoltura comune, datata 10000 a. C., sono stati rinvenuti due scheletri, uno di sesso maschile, dai caratteri spiccatamente caucasici e uno femminile dalle caratteristiche più minute e dalla calotta cranica meno sviluppata, assimilabile all’uomo di Brunn, meglio conosciuto come l’uomo di “Combe-Capelle”, vissuto circa 40000 anni fa.

In seguito arriveranno i primi portatori del cromosoma R, appartenenti alla cultura della ceramica cordata, meglio conosciuta per l’ascia da guerra che contraddistingueva le loro sepolture.

Erodoto la chiamava “Sagura”, altri “Sagara o Segura”, era l’arma preferita dai guerrieri persiani, da sagura dovrebbero derivare l’italico “Scure”, e il lombardo “Sigûrìi”, diminutivo di “Scür”.

Si tratta di un popolo di guerrieri forse i primi persiani, provenienti dalla steppa pontica e dall’area del mar Caspio, che sottometteranno le popolazioni contadine che abitavano i Balcani, e che andranno a colonizzare anche la Danimarca e la Bretagna, diffondendo la lingua e la cultura indoeuropea.

Elsloo è anticamente attestato con il nome di “Elisla”, e sembra indicare la divinità caucasica “El”, inizialmente adorata anche dai semiti (un retaggio delle antiche origini comuni), o un Elisio, il paradiso dei Vedici, non a caso il nome moderno Elsloo è composto dalla particella “Els”, che in olandese significa “Ontano”, e dalla particella “loo”, la quale indica un: “bosco situato su un terreno alto”, quindi dovrebbe trattarsi di un bosco sacro di ontani, come le Moots Hill scozzesi e alle Mutere venete, collinette artificiali realizzate con la terra rossa, che i paleoveneti chiamavano”Altnoi”, sinonimo di altare.

Nella Grecia pre ellenica era adorata anche un’altra Grande Madre chiamata Eilèithyia; una divinità primordiale, adorata sicuramente dai micenei, che l’hanno citata in numerose tavolette in lineare B ritrovate a Cnosso, e potente al punto di essere introdotta nel pantheon olimpico come sorella di Giove, chiamata “Ilizia”, quindi dobbiamo supporre che le “Els” dei Balcani siano la stessa entità della Eilèithyia dei micenei.

Da considerare anche le 4 Elsdorf presenti in Germania e una in Slovacchia, un toponimo che significa: “Villaggio di Els”, in olandese els è sinonimo di ontano, mentre in tedesco il sinonimo sarebbe “erle”, un nome affine a els frutto di una pronuncia diversa, quindi si tratta sicuramente di villaggi sacri a una divinità dell’ontano.

Considerando che l’ontano “Fearn”, per i celti “Alnus”, per i latini, abitualmente affonda le sue radici lungo le rive di fiumi e laghi, nei culti matriarcali era sicuramente più importante della quercia e dell’alloro, ed era sacro alla Grande Madre e alle divinità fluviali che in seguito l’hanno sostituita. Ne fanno testo i toponimi delle località fondate dai galli lungo le rive dell’Arno varesino, Arnate, Verghera (Vearn), Ferno, Samarate (Samara).

Significativo del toponimo è il nome del fiume toscano “Elsa”, caratterizzato da sorgenti di acqua tiepida, ricca di solfato di calcio, in prossimità delle quali sono state ritrovate tracce di insediamenti preistorici risalenti al IV millennio a.C., quindi possiamo ritenere che si trattava di sorgenti termali sacre a una divinità della salute. In Germania, una leggenda medioevale parla di una strega pelosa, che viveva nei boschi, chiamata “Else”, la quale immergendosi nelle acque di una sorgente magica, diventava la donna più bella del mondo.

La leggenda sembra chiaramente ispirata da una tradizione preistorica, legata al culto della Grande Madre Terra, e al ciclo delle stagioni, strega d’inverno, fata bellissima d’estate. Un culto nel quale si può identificare anche la celtica “Morrigan”, anche lei una divinità dell’ontano, la quale si presentava sotto due opposte entità: nera come la corteccia dell’ontano nero, nella veste di dea della morte, e rossa (marrone) come i semi dell’ontano comune, in veste di dea della vita.

Anticamente non si distinguevano le tonalità del colore, pertanto era rosso tutto ciò che andava dal colore rosa al marrone, quindi la designazione di rosso era accompagnata da un aggettivo indicativo che nel caso della Morrigan era il colore dei semi, i quali essendo il principio della vita, simboleggiavano naturalmente il legame tra la dea e le nascite animali e vegetali.

Anche la Morrigan è entrata nella tradizione medioevale con il nome di Morgana, il cui nome significa: “Regina della Palude”, anche questo è un personaggio ambiguo, un po strega, un po fata; infatti Artù sta ancora aspettando che gli porga la mela della resurrezione, inviatagli da Merlino. La Radice “El è continuata anche dal nome dell’isola d’Elba, che per gli etruschi significava ferro, infatti il nome dell’ontano, per via della durezza del legno, era diventato il nome del ferro, in modo particolare Fearn.

Da aggiungere che il territorio era popolato dai liguri “ilvates”, i quali sarebbero stati acculturati dai mercanti di Tiro, dando vita alla civiltà etrusca. Curioso era anche il nome greco dell’isola, “Aithàleia”, derivato dal termine “Aithàlè”, sinonimo di fuliggine, sicuramente quella prodotta dall’estrazione del ferro, ma che richiama anche il nome dell’Italia.

Il teonimo “El” è ripreso anche dal fiume Elba, lungo il corso del quale, nella Brughiera di Lunenburger, poco prima di Amburgo, sono state ritrovate tracce della cultura della ceramica cordata, che ha interessato il Nord Est Europeo tra il 3200 e il 2900 a.C. Lunenburger non presenta tradizioni o ritrovamenti archeologici che ci possano testimoniare la sua preistoria, ma nel toponimo presenta la radice “Luna” la quale era sacra a molte divinità, inizialmente al sumero Nanna poi divenuto Hubal per i semiti, adorato dagli arabi fino all’avvento di Hallah, alcuni ritengono che Hallah e Hubal siano la stessa divinità, tanto che la pietra nera, dimora di Hubal, è ancora adorata nella Ca Ba di La Mecca.

Nella cultura vedica la Luna diventerà sacra a divinità femminili, come Athena, Artemide, Diana, Ecate, Belisama ecc., mentre per le grandi madri e le divinità dell’amore, sarà sacro il pianeta Venere.

La cultura della ceramica cordata presenta le prime caratteristiche della civiltà indoeuropea, non a caso è detta anche:” Cultura dell’Ascia da Combattimento”, segno evidente che una casta di guerrieri si è sovrapposta ai pastori e contadini primitivi che avevano popolato i Balcani e la Scandinavia.

Gli studi sulla paleoclimatologia, ci dicono che tra gli 8 mila e i 4 mila anni a.C., la temperatura media del pianeta, si era alzata di ben 4 gradi rispetto a quella attuale; questo spiegherebbe la presenza dell’agricoltura in Scandinavia.

Con l’arrivo di una casta guerriera il culto matriarcale viene accantonato per far posto a una divinità della guerra; la scarsa documentazione storica e archeologica ci indica “Perun”, come divinità supreme dei protoslavi, e alcuni lo indicano come successore di Varuna, come dio del tuono sarebbe Indra.

Omonimo di Perun per i germani era Thor, che nelle regioni baltiche era chiamato anche Punraz, e Pòrr, tutti sinonimi di tuono mentre in Lituania come massima divinità emergeva “Perkunas”, il dio della quercia il cui teonimo è originato dal nome proto indoeuropeo della quercia: “Perkwu”, presente anche nella pianura Padana con il toponimo Pertusella

Infatti, la civiltà dell’ascia da combattimento non è altro che la diffusione della cultura di “Yamna”, la quale a sua volta continuava la civiltà di Samara VI-V millennio a.C., si tratta un villaggio situato alla confluenza del fiume Samara nel Volga.

Secondo l’archeologa e linguista Marija Gimbutas (teoria accettata da tutti), Samara era la patria della cultura indoeuropea, e da Samara sarebbero partiti i primi clan di ariani che hanno colonizzato il bacino del Volga, del Dnepr, del Bug e del Don, fino alle rive del Baltico, sottomettendo le pacifiche popolazioni autoctone, cancellandole così dalla storia, fino a quando la caduta dell’impero romano ha spalancato loro le porte dell’Europa occidentale.

Samara è anche il nome di un fiume che affluisce nel Volga proprio nei pressi dell’omonima città e di un affluente di sinistra del Dnieper in Ucraina, e che ritroviamo anche come nome gallico del fiume Somme in Francia, e della cittadina di Samarate “Samarà” in dialetto, località in provincia di Varese posta sulle rive dell’Arno varesino, un altro fiume che porta il nome dell’ontano, originato dal latino “Alnus”, a sua volta derivato dall’indouropeo “Fearn”,

In Europa esistono molti toponimi che contengono la radice indoeuropea “arn” in quanto si tratta di luoghi dove si adoravano le divinità dell’ontano.

            Da considerare anche una corruzione di Samara in Tamara, o viceversa riscontrata in un fiume nella Galizia spagnola, oggi chiamato Tamre e anche nell’idronomo Tamesis, nome primitivo del Tamigi.

            Lo stesso possiamo dire dell’italiano Tanaro, chiamato “Tana” o “Tânar”, in dialetto piemontese, due richiami ad antichi idronomi al femminile che attirano l’attenzione degli storici sul fatto che il Tanaro è più lungo del Po, del quale costituisce il primo affluente, pertanto gli spetterebbe il titolo di fiume più lungo d’italia.

Idronomi come Tamara, Tanaro e Tamesis, richiamano il monte Tamaro, la montagna greca sacra a Zeus e sede del suo oracolo più importante (Dodona), in quanto sul monte Tamaro il culto di Zeus è stato preceduto da quello di una grande madre pelasgica, che gli elleni identificavano con Dione madre di Afrodite.

            Un monte Tamaro esiste anche al confine tra l’Italia e la Svizzera, posto al vertice della valle Veddasca, luogo particolarmente ricco di incisioni rupestri di natura vedica.

Quindi Samara deve essere considerata una divinità fluviale degli ariani, della quale al momento non si hanno evidenze archeologiche e letterarie, ma che era adorata dai galli, i quali con ogni probabilità erano figli di padre ariano e madre schiava, e come tali non potevano entrare a far parte della casta dei guerrieri, ma erano liberi di fondare i propri clan e colonizzare nuove terre.

Ciò sembra confermato anche dal fatto che Ia Samara francese e la città di Samarabriva (Amiens) erano posti nella Francia Belgica, territorio sottoposto all’influenza culturale degli ariani chiamati anche norreni, e luogo di provenienza dei galli, i quali dopo aver colonizzato il Belgi, hanno iniziato la colonizzazione della Francia, per poi giungere in Italia.

In oltre sarebbe ipotizzabile anche un collegamento con Saoconna divinità del fiume francese Saona e si presume anche della città di Savona.

Dopo il ”Dagda”, la principale divinità dei norreni, i guerrieri adoravano in modo particolare Bran, il dio che faceva risorgere gli eroi morti in battaglia, immergendoli nel proprio pentolone, e al quale era sacro l’ontano.

Ovviamente le migrazioni verso nord avvenivano seguendo il criterio dell’espansionismo per necessità, del quale si rendevano artefici i secondogeniti e le generazioni successive, i quali dovevano migrare in cerca di nuovi pascoli e terre da coltivare, mentre il capofamiglia e il primogenito si insediavano in pianta stabile sul territorio.

Così facendo, mentre i migranti si insediavano in terre disabitate, e non si mischiavano con altri popoli, mantenendo inalterato il loro codice genetico, quelli rimasti sulle terre patrie, in seguito dovettero confrontarsi e integrarsi con nuove popolazioni, sempre provenienti dal Caucaso, i quali erano portatori di un nuovo cromosoma “Y” l’aplogruppo “ R”, che ben presto di divide in due forme diverse, il ceppo “R1a”,  diffuso nei balcani e nord Europa, e il ceppo “R1b”, che si diffonde nell’area mediterranea e Britannica

Quindi l’arrivo dei guerrieri ariani avrebbe se da una parte ha causato la sottomissione degli slavi dall’altra atraverso la mescolanza di ceppi genetici diversi ha dato inizio alla formazione di un gruppo sociale interetnico, che nel corso della storia si distinguerà con l’etnonimo: “Germani”, vale a dire “Fratelli”, anche non mancheranno tribù irriducibili come i “vandali”, un popolo barbaro definito di stirpe germanica proveniente dalla Polonia.

Invece questo popolo, che alla caduta dell’impero romano d’occidente, costituì il regno dei vandali, che comprendeva Tunisia Sicilia e Sardegna, nell’isola sarda ha lasciato un cospicuo patrimonio genetico appartenente al ceppo slavo “I2”.

Quindi i andali sono da considerare la prima manifestazione di un popolo di guerrieri slavi.

Adoravano una divinità chiamata Tuisto o anche Tuistone che significavano “Doppio” o “Doppia Pietra”, e in quanto aveva generato da solo il figlio Manno, era considerato un ermafrodita, ma il tutto viene contraddetto dal fatto che Tuisto nasce dalla terra, e quindi ci riporta alle origini contadine degli slavi e al culto della Grande Madre.

A sua volta il nome Manno deriverebbe dal protogermanico “Mannaz”, sinonimo di “uomo”, quindi considerando che Manno era padre di tre figli, Ingaevones, Herminones, e Istaevones, secondo Tacito sono stati i fondatori delle tre trivù germane.

Lo stesso si può affermare dei Longobardi i quali però erano venuti a contatto con i Goti, i quali provenivano dalla Svezia, e quindi tra loro c’erano portatori del cromosoma “I”, pertanto non si possono definire veri e propri slavi. In realtà i longobardi erano un insieme di clan appartenenti a etnie diverse, e lo dimostra anche la formazione di ducati indipendenti, mandati in Italia dal duca di Baviera, l’ariano Garibaldo, padre di Teodolinda, per scacciare i Goti, sostenitori dello strapotere dei patriarcati bizantini, i quali prevaricavano l’autorità del papa.

A tutti è oto il matrimonio di Teodolinda con due re longobardi, mentre gli storici hanno invece sottovalutato la nomina del fratello di Teodolinda Garibaldo (come il padre), a duca di Asti, e soprattutto l’omicidio del figlio Adaloaldo appena divenuto re, il che mette in evidenza la volontà dei longobardi, ormai diventati potenti, di liberarsi del giogo ariano.

Il toponimo della città di Varsavia ha come prefisso l’indoeuropeo “Var” che gli studiosi ritengono voler indicare un luogo ricco di acqua e difatti il nome del fiume Vistola che la attraversa sembra confermarlo.

Il nome della città avrebbe origine da una leggenda che unirebbe il nome del pescatore “Wars”, con quello della sirena “Sawa”, la quale appare nello stemma della città impugnando una spada e uno scudo.

In realtà l’aggettivo Wars è un sinonimo di guerra e ciò è confermato proprio dall’atteggiamento della sirena, la quale essendo una creatura marina non può far altro che richiamare le divinità del mare come Poseidone o lo slavo Veles, Weles in polacco, diretto alter ego di Varuna, il cui culto si è tramandato fino all’arrivo del cristianesimo, e dal quale avrebbe preso il nome la Vistola.

            Da considerare anche il protoindoeuropeo “Wer”, che avrebbe avuto il significato di coprire, il quale sarebbe all’origine del teonimo Varuna in quanto la divinità era anche signore del cielo che copre la terra; quindi l’etimo Wer si potrebbe derivare dalla lingua parlata dai primi nordici, quelli che appartenevano alla linea genetica del gruppo “I” del cromosoma “Y”, che ha preceduto l’arrivo degli ariani, portatori della cultura indoeuropea.

Per etimologia bisogna citare anche il fiume “Warta” il quale dà il nome anche a una città, ciò conferma l’ipotesi di una divinità il cui teonimo inizia con il prefisso “War”, la Warta è un fiume che sorge nella Slesia lungo più di 800 Km ma che affluisce nell’Oder, un fiume più corto ma che corrisponde al messapico “Odra”, il quale significa Ydra sinonimo di acqua.        

            La leggenda potrebbe essere stata originata dal fatto che nei pressi di Varsavia il Narew confluisce nella Vistola, quindi idealmente il simbolismo degli slavi di allora potrebbe aver indotto la gente ad immaginare un matrimonio tra due divinità.

            L’idronomo Sawa lo troviamo anche in un affluente del Danubio, quindi possiamo supporre l’esistenza di una divinità dei fiumi con questo nome, anche se non possiamo escludere una corruzione di Samara.                  

Sul nome primitivo del Narew però esistono dei dubbi, in quanto a sua volta ha come affluente un fiume importante come il Bug Occidentale, il quale pur avendo una portata d’acqua inferiore, se consideriamo il tratto in comune che confluisce nella Vistola sarebbe più lungo del Narew e anche della Vistola, se facciamo la stessa comparazione, come abbiamo già visto nel caso del Tanaro e del Po.

Quindi il Bug, il cui nome dovrebbe significare “Arco”, forse perché scorre parallelo all’arco disegnato dai monti Carpazi, sorge in Ucraina, all’interno della Polesia, un immenso altipiano paludoso situato ai piedi dei Carpazi, il cui toponimo tradisce una grande affinità etimologica con l’italiano Polesine, un altro territorio originariamente paludoso.

Questo fiume nell’antichità doveva essere molto importante per la diffusione della cultura indoeuropea, in quanto sorge sullo spartiacque che nel territorio transcarpatico divide il bacino imbrifero del Mar Nero da quello Baltico, pertanto era un facile percorso che permetteva alle popolazioni della pianura caucasica, quelli che i greci chiamavano Sciti, di migrare verso nord, quindi è ipotizzabile che Bug  sia un nome postumo che ha sostituito un idronimo precedente  che faceva riferimento a una divinità femminile caucasica o persiana come Samara o Danu, o forse la stessa Sawa.

            Infatti la Podolia è situata all’interno di un vasto territorio chiamato Rutenia (la Scizia dei greci), un toponimo che ha generato il nome alla Russia, in quanto Rutenia è un nome di luogo originato dalla radice indoeuropea “Rud” o “Rut”, che aveva il significato di rosso da cui ha origine anche l’etnonimo virgigliano “Rutuli” o anche il nome dell’isola di Rodi, ma a mio parere bisogna considerare anche il lombardo “Rus”, il quale sarebbe la radice più appropriata per il nome della Russia e della Rutenia.

            Ovviamente in origine rut era un’indicazione molto vaga e individuava una gamma di colori che andava dal giallo al marrone, per questo era accompagnato da un comparativo, come per esempio: il nome della rosa per indicare un rosso chiaro, oppure vermiglio (i vermi dai quali si ricavava il colore rosso) per indicare il rosso cupo del sangue, come usava dire Omero nel descrivere la morte di un guerriero: “il vermigliar del petto”.

E nell’antichità i persiani e gli ariani si distinguevano proprio per il colore dei capelli, rossi, o biondi, o castani, caratteristica dalla quale sarebbe nato l’etnonimo ruteni, quindi possiam pensare che anche il Bug Occidentale essendo la via transcaucasica che i persiani (sciti o ruteni) e gli ariani percorrevano nelle loro migrazioni verso nord, avesse il nome di una divinità persiana come Danu o simile alla per ora misteriosa Samara adorata dagli ariani, forse La Sawa della tradizione polacca.

            Sulle alpi Dinariche è molto diffuso il toponimo Lech come ad esempio l’altipiano calcareo di Lika, la città di Banja Luka, Weina Luka in tedesco antico anche questa città è posta allo sbocco di un fiume da una stretta gola, il fiume Vrbas, un affluente della Sava che scorre nella pianura Pannonica.

È importante citare il piccolo villaggio di Kozja Luka situato lungo la riva della Drina, un altro affluente della Sava, in quanto il toponimo testimonierebbe il passaggio della tribù dei coti o cozi, appartenenti all’etnia dei danaidi, che in seguito colonizzeranno le Alpi Italofrancesi e parte della Britannia.

Quindi sono convinto che nell’antichità Lech abbia avuto il significato di Pietra Bianca o forse indicava un omphalos in pietra bianca sacro a Leucotea, alias Danu.

Nelle leggende Polacche, con il nome Lech viene indicato il capostipite del popolo polacco, quindi considerando che nel periodo “Halstat”, la Polonia è stata colonizzata dai danai, devo considerare che il nome Lech sia stato maschilizzato in seguito all’idea maschile generata dal nome comune fiume.           

Un’altra considerazione la troviamo nel fatto che i polacchi ci tengono ad identificarsi con il colore bianco.

            In oltre sulle Alpi Dinariche è attestata la presenza almeno dal IX secolo, degli Iapodi, le cui attività principali erano l’estrazione dei metalli e la metallurgia, quindi presumo che erano tra i portatori della cultura del ferro, Halstat.

La loro divinità principale era Thana, che i romani identificavano con Diana, forse per assonanza del teonimo, ma in realtà si trattava di una divinità delle sorgenti, quindi a mio parere: un teonimo da comparare con il nome antico del fiume Tanais (oggi Don), il che indicherebbe anche la loro terra d’origine, dalla quale sarebbero stati scacciati dagli Sciti (i futuri galli), e l’omonima città situata alla foce del fiume nel mar D’Azov, chiamata anche Tana, fondata però dai greci nel III secolo a.C.

Da segnalare l’affinità etimologica tra nome del Tanais e quelli del fiume italiano Tanaro e del francese Tarn, che scorrono entrambi nel territorio anticamente abitato dai cozi.

Quindi volendo uscire dal labirinto della mitologia greca, la quale si perde nell’infinità di personaggi omonimi, e come ho tentato di ricostruire nell’apposito capitolo, che disserta sull’origine dei danai, ritengo che con il toponimo Tanais gli antichi indicavano il fiume e la città dei danai, quindi sacri a Danu, della quale il nome Thana sarebbe stato una corruzione.

Un’altra divinità adorata dagli iapodi era Vidassus che i romani identificavano con Sylvanus, ma che ritengo fosse una divinità solare come Windos.

            A contraddire la mia convinzione è l’adorazione del cavallo sacro, il quale porterebbe a Poseidone, ma considerando che gli iapodi erano di un popolo di montanari, lo escludo a priori, e ritengo che questa adorazione sia da collegare alla tradizione celtica legata ad Epona, una delle tre matrone delle acque e protettrice dei cavalli, e che con ogni probabilità gli antenati degli iapodi furono uno dei primi popoli ad addomesticare il cavallo.

            Da aggiungere anche l’adorazione del serpente sacro ennesima tradizione legata a Danu, e quindi a una matrona delle acque protettrice dei cavalli. 

            Da sottolineare anche la presenza di un affluente della Drina, chiamato Tara, e di un monte omonimo ma non inerente al fiume, i cui toponimi potrebbero essere anche loro una corruzione del teonimo Danu.

Da citare il monte Vaganski Vrh”, vale a dire: Monte del Drago, cioè Vrtra o Viritra, l’alter ego orientale del caucasico Varuna, figlio di Danu e signore dell’ordine cosmico, del quale troviamo il prefisso “Vr” nella gran parte della toponomastica slava, in quanto era adorato dai primi neolitici, che dall’India orientale migravano nei Balcani e nel Nord Europa.lla pianura Pannonica lungo il corso della Sava, troviamo l’antica provincia di Sirmia anticamente abitata dai celti Scordisci III, secolo a.C. forse una tribù di sarmati, ancora oggi lo stemma della regione è costituito da una quercia e un cervo con torque d’oro al collo, a simboleggiare l’antico culto di Cernunnos, ma questa sarebbe una tradizione più che altro gallica.

La capitale della provincia era Sirmio, Sirmium per i romani oggi Sremska Mitrovica;  Da Sirmio deriva il nome dell’italica Sirmione, “Sirmioo” nella pronuncia lombarda.

Un altro gruppo genetico storicamente presente in Europa è il patrilineare “N” il quale avrebbe avuto origine tra i 15 e i 20 mila anni fa, in Indocina o nel sud della Cina, lungo il fiume “Liao”, chiamato anche Fiume Madre. Diffuso in tutta l’Asia orientale sarebbe giunto in Europa attraverso la Siberia e i monti Altai arrivando fino in Finlandia.

Da citare i graffiti rupestri risalenti al 4200 a.C., ritrovati nella contea di Finnmark, estremo nord del paese, attribuiti ai “Komsa”, una civiltà dell’età della pietra, 8000 a.C., i quali praticavano lo sciamanesimo e usavano l’orso come animale totemico, una tradizione continuata ancora oggi, che vede l’orso come simbolo della Russia.

Attraverso le migliaia di graffiti presenti in tutta la contea, gli archeologi hanno potuto ricostruire la progressiva introduzione ed evoluzione di culture ariane. Infatti, entrati in contatto con le culture del Volga, i proto finnici si mischiano con gli ariani “R1a”, cultura di Kama o della ceramica a pettine VI-V millennio a.C., dando origine al suo sottogruppo “N1c”, dal quale si sviluppano ulteriori sub cladi distribuite in tutta la Russia, comprese: Ucraina, Bielorussia, Polonia, e gli altri paesi baltici. Oltre ai finnici, sui monti Altai tra gli altri si sviluppano le tribù turche e tartare, come i cosacchi, per esempio. Questi popoli parlano oltre 60 lingue definite Uralo-Altaiche, generate dalla fusione dell’antico Manciù, con l’indoeuropeo degli ariani.

Rino Sommaruga

Copyrigth 2019 Rino Sommaruga

rinosommaruga@gmail.com

149 risposte a “I Balcani E IL Nord Europa”

  1. Its like you read my mind! You appear to know a lot about this, like you wrote the book in it or something. I think that you can do with a few pics to drive the message home a little bit, but instead of that, this is magnificent blog. A great read. I will definitely be back. Regan Palmer Gabby

  2. Grazie dei complimenti, ma se mi dedico alle foto non posso dedicarmi alla ricerca letteraria. Ciao

  3. Che propaganda schifosa! gli slavi sono i portatori del gene ariano r1a infatti lo slavo l’iranico e l’indiano sono le lingue che più si assomigliano e fanno parte delle lingue indoeuropee satem. Slavo significa vittorioso glorioso! Fate schifo pezzi di merda!

  4. Gli slavi sono i veri ariani e portatori del gene r1a .il gene l non c’è tra gli slavi ma tra gli occidentali sì! Siete voi gli schiavi slavo significa glorioso vittorioso.В началото беше словото и словото беше у бога и словото беше бог!

  5. слава тебе господи!
    sclavi e Slavi non sono la stessa parola!

  6. Prima di parlare dovresti informarti sulla diffusione del cromosoma Y allora sapresti che I1 caratterizza i popoli scandinavi ed è molto diffuso in Germania Polonia e Bielorussia, invece I2 è tipico degli slavi i quali sono così chiamati proprio perchè schiavizzati dagli Ariani portatori del cromosoma R poi mutato in R1a per i popoli della steppa e R1b per i mediterranei. Le lingue indoiraniche sono le uniche lingue ancora parlate, che discendono direttamente dalla lingua indoeuropea primitiva, che secondo Marja Gimbutas era parlata nel territorio del fiume Samara. Questi sono i dati, se poi vuoi credere a quello che vuoi fa pure

  7. Purtroppo a partire dall’età del ferro non esistono tracce di popolazioni slave fino a dopo la caduta dell’impero romano, mentre gli Illiri portatori del cromosoma R1b non erano slavi o sclavi, ma Albani, provenienti dal Caucaso,(Azerbaijan) che i greci chiamavano Albania. Ciao

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